In questi giorni di ricordi, mi ha colpito un avvenimento che mi ha toccato per la sua superficialità: non pensavo che persone a noi vicine potessero percepire la vita degli altri come uno stereotipo o farne un gioco, pure è così. L’episodio mi ha ricordato Antonia, un ragazza morta di tumore al seno, un anno dopo essere venuta da me a testimoniare, con la sua presenza, che si poteva vivere e combattere una malattia devastante. In tutti questi anni mi sono chiesta molte volte perché lei sì e io no? Perché loro sì e io no? Un pensiero che è stato la costante della mia vita. Ho sempre voluto dire ai figli di Candy, Antonia, Silvana e le altre che ho incontrato, giovani come me e ancora di più, quanto le loro madri li amassero.
Ricordando Antonia
Antonia era venuta a trovarmi. Qualcuno era stato gentile, aveva pensato che la sua presenza e la sua visita avrebbero potuto aiutarmi ad affrontare le difficoltà che mi aspettavano. Si era presentata all’improvviso, alta, allegra, simpatica:
“Ciao sono Antonia amica di… vorrei semplicemente parlare un po’ con te di quello che ci è capitato, se vuoi, se te la senti”.
Osservavo, allibita, quella bella ragazzona, di parecchi anni più giovane di me, dall’aspetto esuberante e con una timbro di voce profondo, da favola.
“Si, certo. Lo vorrei proprio” risposi.
Mi sentivo piuttosto imbarazzata, facevo sempre molta fatica a parlare di me.
“Ma tu li hai ancora tutt’e due i seni”?
Le chiesi, infine, con difficoltà.
“No, ho una protesi di silicone”.
E, con molta disinvoltura, se la tolse e me la fece vedere.
“Se tutto andrà bene, presto farò la ricostruzione. Ci vogliono due anni”. Mi disse che era stata operata a Milano, all’Istituto Tumori.
“Mi sono trovata benissimo. L’intero piano era occupato da persone che avevano il mio stesso problema, che aspettavano e soffrivano come me. Il personale professionale è altamente qualificato e ti fa sentire curata bene”.
Mi aveva detto che i suoi linfonodi non erano stati intaccati:
“Aspettavo solo quello, non ho fatto nessuna terapia, non è stata ritenuta necessaria”.
La cosa si era risolta chirurgicamente. La fiducia di Antonia nel futuro era totale: ti faceva sentire come se tu stessi per intraprendere un viaggio che avrebbe potuto essere, sì, avventuroso, ma senza dubbio a lieto fine. Era ottimista! Aveva un bimbo di sei anni e quando ne parlava la sua voce, i suoi movimenti, la sua espressione, tutto in lei si addolciva ed esprimeva tenerezza.
Bello! Ciao mil
Quanta dolcezza per raccontare un dolore!Grazie,Marzia
Grazie a te Marzia per le tue parole, le apprezzo molto. Giovanna
Hai uno stile ineguagliabile, sembra scarno, essenziale, ma in verità, smuove sempre emozioni profonde.
Cristina
Grazie Cristina, mi fa piacere. Spero di essere anche una persona essenziale… è la fatica della mia vita.