Paul Gauguin al Mudec di Milano
Giovanna Rotondo Stuart
La mostra di Paul Gaugain, inaugurata al Mudec di Milano il 28 ottobre, rimarrà in programma fino al 21 febbraio 2016. Il Mudec, il nuovo Museo della Cultura, è stato realizzato nell’area dell’ex Ansaldo, un vecchio complesso industriale comprato dal Comune di Milano e trasformato in area culturale: il comune si occupa della direzione scientifica mentre “24 Ore Cultura” – una società del gruppo del Sole 24 – della programmazione culturale. Un complesso moderno e futurista nella zona di Porta Genova, in via Tortona, un luogo interessante che avrà successo.
La mostra, promossa dal Comune di Milano Cultura e da 24 Cultura, con la collaborazione della Ny Carlsberg Glyptotek di Copenhagen, è presente al Mudec con 70 capolavori, di cui ben 35 provengono dal museo danese, che raccoglie una delle più significative collezioni di Gauguin, e altrettante sono prestiti provenienti da altre prestigiose Gallerie d’Arte.
Si possono ammirare dipinti importanti di questo grande e inquieto, nonché irrequieto artista, che ha viaggiato da un continente all’altro, per lavoro o in cerca di ispirazione.
Molto interessanti le sculture in legno di quercia dipinto a mano e le bellissime zincografie della suite Volpini, una decina in tutto, stampate su carta gialla, che Gauguin aveva elaborato per decorare le café Volpini.
La mostra esprime il tormentato percorso pittorico dell’artista che, da un ambiente impressionista-naturalista, a volte sofisticato, cerca la sua ispirazione in un mondo più istintivo e primitivo.
Nei due autoritratti di Gauguin presenti in questa rassegna, uno del 1885 e l’altro del 1991, si notano le prime differenze stilistiche: il primo, un bel ritratto realista dell’artista, dipinto secondo le regole del “dipingere ciò che si vede” non esprime ancora la sua ricerca di un’arte meno ragionata e più primitiva come nel secondo autoritratto, con il Cristo Giallo in uno sfondo dai colori piatti e intensi, in cui si coglie la ricerca dell’arte intesa come dipingere anche “ciò che si immagina”, e che diventerà l’essenza della sua pittura.
Paul Gauguin ha avuto una vita particolare, già all’età di un anno, nel 1849, si trova a viaggiare su una nave alla volta di Lima, la sua era una famiglia benestante e il padre, di idee socialiste, non voleva vivere il clima politico della Francia di quell’epoca, ma muore in nave durante il viaggio e lui crescerà senza l’appoggio di una figura paterna.
Nel 1855 sua madre lo riporta in Francia, a Orleans, insieme a sua sorella Aline, maggiore di lui di un anno, da dove, dopo qualche tempo, si trasferiscono a Parigi. I primi ricordi dell’infanzia dell’artista, vissuta in un mondo pieno di colori e più semplice, probabilmente influenzeranno, negli anni a venire, la sua pittura.
La prima formazione di Gauguin avviene in un istituto cattolico, Le petit Seminaire.
Nel 1862, Gauguin non riesce a superare l’esame di concorso per l’ammissione alla Marina Militare e, dopo un anno, si arruola come allievo pilota nella Marina Mercantile, nella rotta che va da Le Havre a Rio de Janeiro, ma in seguito seguirà anche altri percorsi. L’anno dopo la morte della madre, avvenuta nel 1867, allo scoppio della guerra tra Francia e Prussia, si arruola nella Marina Militare e ci rimane per tutto il tempo della guerra Franco Prussiana, viene congedato nel 1871 e si stabilisce a Parigi.
E qui, a soli 23 anni, inizia la sua nuova vita.
A Parigi intraprende la carriera di Agente di Cambio e, nel 1872, si sposa con una giovane danese, Mette Sofie Gad, da cui ha cinque figli. Ma è solo nel 1874, che Gauguin, che è sempre stato un appassionato d’arte, si iscrive all’Accademia d’arte Colarossi, dove, in quello stesso anno conosce Camile Pissarro, uno dei maggiori impressionisti e che avrà una grande influenza sulla sua pittura, almeno inizialmente.
Un paio di anni dopo, quando perderà il lavoro come agente di cambio, decide di vivere di sola pittura e diventare pittore. Nel 1884 la moglie, anche a causa delle precarie condizioni finanziarie in cui si ritrovano, si trasferisce in Danimarca. Gauguin la segue con i cinque figli che sono nati nel frattempo, ma vivere in quel paese non gli è congeniale e, un anno dopo, se ne torna in Francia, senza un soldo, portando con sé uno dei figli di appena cinque anni.
Insieme vivono un periodo difficile e faticoso, dove Gauguin si adatta a far di tutto pur di guadagnare qualche soldo per curare il figlio che si ammala gravemente di vaiolo.
Finalmente, con il 1886, arriva un anno buono, ricco di avvenimenti, Gauguin frequenta molti pittori del tempo da Pissarro a Signac, da Bonnard a Van Gogh, per menzionarne alcuni, lavora con loro ma, spesso, rompe anche i rapporti.
Tra un viaggio e l’altro, tra una mostra e l’altra, nel 1888, il fratello di Van Gogh, Theo, lo convince ad andare a vivere ad Arles, nel sud della Francia dove Vincent vuole creare un punto d’incontro per pittori.
Vivono nella Casa Gialla di Van Gogh per più di due mesi e, nonostante la convivenza tra i due non sia delle migliori, riescono a dipingere insieme per qualche tempo. Ma sono due persone con esperienze estremamente diverse, ciò si riflette nelle loro abitudini quotidiane e nel modo di esprimersi. Per Van Gogh“Il nostro dover è pensare, non sognare”. Per Gauguin l’arte è “Prima di tutto emozione”.
Inoltre, a Gauguin non piace Arles, lui sogna altri spazi, altri orizzonti, altri colori… La vita tra i due diventa presto intollerabile e, in seguito a un litigio in cui Van Gogh si taglia un orecchio, Gauguin si trasferisce in albergo; se ne ritornerà a Parigi dopo qualche giorno per viaggiare alla ricerca di quel luogo più primitivo e spontaneo a cui pensa da tempo: una terra in cui vivere e ispirarsi per il suo lavoro.
La prima parte della mostra è dedicate al Gauguin impressionista e sono esposte alcune opere di Pissarro, Cezanne, Van Gogh. Si viaggia in un mondo esotico dove realtà, fantasia e mito si intrecciano. Nella seconda sala si può ammirare Il capolavoro di Gauguin, “Donna tahitiana con fiore” che impersona il suo ideale femminile: una figura dolce e solida dipinta con colori vivaci e poco elaborati.
Non lontano il bellissimo “Nudo di donna che cuce” di dieci anni prima, apprezzato dalla critica per la sua impronta realista. Altrettanto bella è la “Natura morta con fiori”, quasi un’ impressione, come un’impressione è il suo “La costa a Dieppe” di alcuni anni dopo. Molto decorativi i guazzi su tela, una tecnica simile all’acquarello, ma più densa, che fa uso del bianco per schiarire i colori. Gauguin si è cimentato con tecniche e materiali diversi: guazzo, incisione, olio, legno dipinto, zincografia e altro.
Donna tahitiana con fiore, 1891, olio su tela, Ny Carlsberg Gliptotek, Copenaghen
Nudo di donna che cuce, 1880, olio su tela, Ny Carlsberg Gliptotek, Copenaghen
Natura morta con con fiori, 1882, olio su tela, Ny Carlsberg Gliptotek, Copenaghen
La costa a Dieppe, 1885, olio su tela, Ny Carlsberg, Copenaghen
Paesaggio francese, 1885, guazzo su tela, Ny Carlsberg Gliptotek, Copenaghen
La ricerca del Paradiso
La vita dell’artista sarà sempre tormentata e faticosa, dal 1885 in poi è un viaggio tra sogno, realtà e ricerca: Gauguin è un artista che ama sperimentare, come si può notare dalle opere esposte alla mostra. La sua diviene una pittura di forti contrasti di colore, più semplificata e meno elaborata di quella impressionista dei suoi primi anni di studio, uno stile che non lo abbandonerà più fino alla sua morte, avvenuta a Tahiti, dove è sepolto, nel 1903.
La ricerca di un Paradiso, un mondo più libero, meno convenzionale, con poche regole semplici e naturali in cui vivere, diventa per lui una necessità e, dopo aver tentato altre vie, tra cui un breve soggiorno in Martinica con il pittore Laval, nel 1891 si imbarca per la Polinesia.
Ma anche la sua vita in Polinesia sarà tormentata. Si ammala, sputa sangue e deve tornare in Francia per curarsi, ma non ha i soldi per farlo. Verrà rimpatriato a spese del governo e arriverà a Marsiglia, nell’agosto del 1893, con pochi franchi in tasca. A Papeete lascia la sua compagna e il figlio che non vivranno più con lui quando tornerà, due anni dopo.
Al suo ritorno in Polinesia, nel settembre del 1895, l’artista alterna qualche periodo buono a momenti difficili, in cui l’indigenza, ma soprattutto il dolore per le malattie di cui soffre e la depressione, lo affliggeranno al punto che tenterà di togliersi la vita con l’arsenico, senza riuscirci. Quell’anno, il 1897 dipingerà il suo testamento: Da dove veniamo? Che cosa siamo? Dove andiamo?
Nonostante tutto riesce a lavorare sempre, ad avere nuove compagne e altri figli tuttavia morirà solo.
Donna con manghi, 1899?, legno di quercia dipinto a mano, Ny Carlsberg Gliptotek, Copenaghen
Donna sdraiata con ventaglio, 1889 circa, legno di quercia dipinta, Ny Carlsberg Gliptotek, Copenaghen
Due zincografie della suite Volpini stampate su carta gialla, 1889, State Museum for Kunt, Copenhagen
La danza del fuoco, 1891, olio su tela, The Israel Museum, Gerusalemme
Donne Tahitiane sdraiate “Il divertimento dello spirito maligno”, 1894, olio su tela, Ny Carlsberg Gliptotek, Copenaghen
Hina e Fatou, 1892, legno di Tamanu, Toronto, Art Gallery of Ontario. Ricalco su carta giapponese, tratto da Cilindro di legno con Cristo in croce di Paul Gauguin, 1894, Metropolitan Museum of Art, New York
Giorno di Dio, 1894, olio su tela, The Art Institute, Chicago
Parole di Gauguin
“Non si deve dipingere solo ciò che si vede ma anche quello che si immagina.
“Io chiudo i miei occhi per poter vedere.”
In questa frase c’è tutto il pensiero di Gauguin: dipinge a colori piatti, senza prospettiva e senza la percezione dello spazio. Ombreggia solo se è in armonia con la composizione, sacrifica colori minori e sfumature per rendere la sua pittura immediatamente comprensibile, emozionante, primitiva.
“Innanzi tutto, l’emozione! Soltanto dopo la comprensione!”