I sette sogni di Alberto Casiraghy

Giovedì 16 maggio s’inaugurerà la mostra di Alberto Casiraghy a Robbiate: I sette sogni. Un bel titolo. Quali sorprese ci riserverà l’estro poetico di Alberto? Lo scopriremo fra qualche giorno e sarà indubbiamente una sorpresa piacevole. Ed è stato un grande piacere per me scrivere due righe di presentazione per un personaggio come lui. Poi mi sono divertita a mettere insieme un’intervista usando i suoi aforismi come risposte. Si scoprono tante cose leggendo e rileggendo attentamente un brano, una poesia, un aforisma, si arriva a una diversa e più profonda conoscenza del testo e di chi l’ha scritto.    Intendo proseguire la mia esplorazione nel mondo di Alberto: sarà come intraprendere un viaggio di cui non si conosce né inizio né fine.  Giovanna

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Intervista ad Alberto Casiraghy di Giovanna Rotondo

  • Caro, Alberto è una gioia vederti, come va la vita?  
  • Vivo intensamente…
  • Sei un artista con molte idee. 
  • Quando non ho idee, piango. 
  • Non ti mancano certo. Vedo che il tuo nome ha una nuova lettera. 
  • Non tutto ciò che si vede è altro.
  • Una grande verità… E, dimmi, la tua prossima meta?
  • Ormai ho visto tutto, ed è solo l’inizio.
  • Ma se è solo l’inizio, avrai ancora tanto cammino davanti a te.
  • La vita è un grande paesaggio senza limiti di tempo.
  • Che bella immagine, Alberto, spero proprio che sia così.
  • Penso sempre l’Universo come intimo pulsare.
  • Gli artisti hanno questa capacità, che cos’è che fai più volentieri?
  • Sogno tutto ciò che posso.
  • Ti rimane tempo per fare altro?
  • A volte respiro tra un sogno e l’altro.
  • Oltre sognare tutti i sogni che puoi, hai un desiderio?
  • Prima o poi mangerò i cacciatori di balene.
  • Ed io ti aiuterò a farlo! Alberto, c’è qualcosa che ti commuove?
  • Una gallina nuda sa far piangere.
  • Una gallina nuda dovrebbe essere buona da mangiare.
  • Non mangio i miei amici.
  • E neanch’io lo farò, te lo prometto. Che indirizzo darai al tuo prossimo lavoro? 
  • Il poeta è un abisso che vede in tutte l direzioni.
  • Ma da questo abisso, in che direzione andrai?
  • Gli aforismi sono la parte migliore dell’invisibile.
  • Questo è il messaggio. Alberto, posso abbracciarti prima di salutarti?
  • Non mi concedo mai se non sento vibrazioni e riflessi.
  • Giusto. I poeti sono gli eletti della vita.
  • Vivo nel mio destino profondo.
  • Che bel destino!
  • Anche la normalità ha i suoi frutti impossibili.
  • A volte sono solo mediocri, qual è il tuo segreto, Alberto?
  • Raccolgo perché semino in libertà
  • La libertà è una cosa meravigliosa. Sei contento di vivere qui?
  • Sono una foglia che vive nell’Universo.
  • Un abbraccio e a presto.

Giovanni Segantini

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Il ritorno a Milano

Milano è la città in cui avviene la formazione artistica di Giovanni Segantini e che rimane il suo punto di riferimento per tutta la vita, il centro del mondo e il luogo che predilige per esporre le sue opere. E la città lo ricambia accogliendolo tra i suoi artisti più apprezzati e amati. La bellissima mostra di Giovanni Segantini, realizzata a Palazzo Reale dal Comune di Milano, Assessorato alla Cultura, in collaborazione con la Fondazione Mazzotta e Skira Editore, si protrarrà fino al 18 Gennaio 2015. E sono bellissimi i 120 dipinti e disegni in mostra provenienti dai più importanti musei del mondo, alcuni mai esposti in Italia. Un uomo, Segantini, di cui si intuisce la grandezza d’animo e il talento guardando le sue opere e leggendo la storia della sua vita e… non si può non amarlo!

L’esposizione è divisa in otto sezioni a tema con una parte introduttiva che raccoglie documenti, lettere, fotografie e altre opere che lo rappresentano. Colpisce un acquarello di Giovanni Giacometti che raffigura il pittore sul letto di morte (avvenuta nel 1899, a soli 41 anni). Nella parte preliminare sono anche esposti tutti o quasi gli autoritratti di Segantini dall’età di vent’anni. La prima sezione, “Gli esordi”, è dedicata a Milano. Si possono ammirare paesaggi dei Navigli con la neve e immagini della città. Nella seconda sezione: “Allo specchio. Dal ritratto al simbolo”, troviamo ritratti della borghesia milanese e della famiglia dell’artista. Nella terza parte, “Il vero ripensato: la natura morta”, si nota una splendida “Anatra appesa”, tutta giocata su sfumature bianche, una bella “Azalea” e fiori molto decorativi, le nature morte dalle composizioni interessanti, probabilmente richieste dalla borghesia del tempo, sono seguite con grande maestria da Segantini. La quarta e la quinta sezione “Natura e vita dei campi” e “Natura e simbolo” raccontano la vita e la fatica degli umili: Segantini, come Van Gogh, s’ispira al verismo di Jean Francois Millet, il pittore naturalista francese. Nella quarta sezione troviamo anche “il disegno dal dipinto”: disegni da dipinti già realizzati in cui Segantini dimostra di avere capacità stilistiche eccezionali. La sesta sezione è dedicata a “Fonti letterarie e illustrazioni” e la settima al “Trittico dell’Engadina” o “Trittico delle Alpi” composto da tre tele di grandi dimensioni, non presenti alla mostra a causa della loro fragilità, ma con possibilità di vederne i filmati. Infine, l’ultima parte, “La maternità” divisionista e simbolista dove sono esposti i capolavori “Le due madri” nelle due versioni: la composizione dell’1889, considerata la prima opera del divisionismo italiano alla Triennale di Brera, e quella del 1899, uno dei suoi ultimi dipinti. E’ interessante osservare, nel filmato “Le cattive Madri” (l’opera non e’ presente), come Segantini raffiguri con simbolismo allegorico molto nordico la sua visione di cattiva madre. Una mostra che commuove per la spiritualità che trasmette e si avverte, a causa della prematura scomparsa dell’artista, la privazione e il rimpianto per quell’Arte da lui mai dipinta. La sorte gli è stata avversa e amica al tempo stesso premiandolo, con grande successo, già nei primi passi della sua vita di artista, quasi a compensarlo degli anni terribili della sua fanciullezza di orfano e bambino abbandonato. Segantini a dodici anni viene rinchiuso in un riformatorio, il Marchiondi, con l’accusa di vagabondaggio: è solo e derelitto dall’età di sette anni e cioè dall’anno della morte della madre avvenuta ad Arco di Trento nel 1865. In quell’anno il padre lo manda a Milano, affidandolo alla sorellastra Irene che si guadagna da vivere come modista, lavorando dall’alba al tramonto e il bambino rimane solo tutto il giorno. Sarà l’altro fratellastro, Napoleone, che a gennaio del 1873 andrà a prenderlo al riformatorio e lo porterà a lavorare con sé, come apprendista, nel suo laboratorio di fotografia in Trentino, a Borgo Valsugana, dove rimane un paio d’anni. Torna a Milano e s’iscrive ai corsi serali dell’accademia di Brera, in seguito frequenterà i corsi regolari. Riesce a mantenersi agli studi lavorando come decoratore e insegnando disegno. Studia a Brera per diversi anni; ed è proprio a Brera che riceve i primi riconoscimenti per le sue opere. Il 1879 si può definire l’anno della svolta per Segantini, il suo dipinto, “Il coro di Sant’Antonio”, viene notato dalla critica all’Esposizione Nazionale di Brera e sarà acquistato dalla Società per le Belle Arti di Milano.

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Il coro della chiesa di Sant’Antonio, 1879

A Brera, Segantini frequenta artisti che molto conteranno nella sua vita, tra cui: Emilio Longoni, Carlo Bugatti e Vittore Gubricy de Dragon, quest’ultimo, gallerista e critico d’Arte, oltre che pittore, lo introdurrà nel mondo della borghesia milanese. E incontra Bice Bugatti, sorella di Carlo, che diventerà la compagna della sua vita e la madre dei suoi quattro figli.

Dopo la nascita del primo figlio, nel 1882, l’artista si sposta, con tutta la famiglia da Milano a Eupilio, nell’alta Brianza, dove dipinge la prima versione di “Ave Maria a trasbordo”, poi andata distrutta e per cui ebbe il primo riconoscimento, una medaglia d’oro all’Esposizione Internazionale di Amsterdam. E un’altra medaglia d’oro riceverà ad Anversa, nel 1886, per “La tosatura delle pecore”. Con la grande composizione “Alla Stanga”, dipinto esposto alla Permanete di Milano, ottiene un’altra medaglia d’oro ad Amsterdam. Il quadro viene acquistato dallo Stato italiano per la Galleria d’Arte Moderna di Roma, dove si trova tutt’ora. Diviene ben presto un pittore affermato e di successo; la vendita delle sue opere consentirebbe a lui e alla sua famiglia un buon tenore di vita, se  il suo rapporto con il denaro fosse più oculato.

La mia famiglia, 1882

La mia famiglia, 1882

Uno di più, disegno 1886/88

Uno di più, disegno 1886/88

Nel 1886 Segantini dipingerà la seconda versione di “Ave Maria a trasbordo”, un dipinto di grande luminosità che, pur con qualche riserva, può essere considerato la prima opera divisionista. Ci sono diversi disegni di quest’opera: è interessante notare la differenza di stile tra le due Ave Marie, quella a trasbordo e quella sui monti. Di stile divisionista il bel disegno di Ave Maria sui monti.

La Scapigliatura  

Intorno al 1860 nasce a Milano “La Scapigliatura”: un movimento artistico e letterario animato da spirito di ribellione che vuole esprimersi senza i vincoli, gli schemi e le regole della cultura tradizionale. Il termine “Scapigliatura” e “Scapigliati” è una libera interpretazione della vita di “bohème”, o “vita da zingari”, e si ispira all’esistenza anticonformista e disordinata degli artisti parigini. Il movimento è animato da personaggi come Antonio Ghislanzoni, Arrigo Boito, Tranquillo Cremona, Mosè Bianchi, Carlo Dossi, Amilcare Ponchielli e molti altri.

Divisionismo e Simbolismo

Il divisionismo si diffonde in Italia verso la fine dell’800, soprattutto a Milano, una corrente antiaccademica al seguito della Scapigliatura Lombarda. Si può associare, per certi versi, al puntinismo francese, ma meno scientifico e tecnico come stile. il puntinismo continua lo studio sulla luce secondo il metodo impressionista, cercando, con la scomposizione del colore, di ottenere la massima luminosità rifacendosi alle scoperte scientifiche del tempo, in cui era la retina dell’occhio a ricomporre il colore. Il divisionismo si esprime con piccole pennellate di colore puro, tese a catturare la luce, e, a differenza del più sofisticato puntinismo, è uno stile naturalista e dipinge soprattutto la bellezza della natura, con evidenti riferimenti alla pittura di Francois Millet. La natura e il paesaggio sono fonti di grande ispirazione per Segantini: ama lo spazio, studia la luce, la dipinge. Ama l’incanto delle montagne, dei laghi, la vita dei semplici, le stalle, gli animali… la sua famglia.

Le due madri, 1889

Le due madri, 1889

Le due madri, 1899

Le due madri, 1899

Con il definitivo trasferimento in Svizzera nel 1886, in un ambiente solitario e incontaminato, il profondo misticismo dell’artista si manifesta in composizioni di grande respiro in cui spiritualità, vastità e armonia si fondono diventando simboli. Un Simbolismo molto personale quello di Segantini; i simboli della sua vita diventeranno, nel suo percorso artistico, i simboli della sua pittura e lui vi esprimerà tutto ciò in cui crede: la purezza, la vita, la maternità, la morte… l’ umanità! Lo si sente nelle magnifiche composizioni del Trittico delle Alpi che possono essere considerate il testamento artistico e spirituale di questo grande pittore: La Vita, La Natura e La Morte in mostra permanente al Museo Segantini di St. Moritz; notevoli sono i bozzetti e i disegni esposti che fanno parte della preparazione dell’opera.

L’ora mesta, 1892

L’ora mesta, 1892

Sul Balcone, 1892

Sul Balcone, 1892

Trittico delle Alpi

E’ un’opera grandiosa delle montagne che Segantini ama e che l’hanno visto nascere ad Arco, in provincia di Trento,  e morire a Pontresina, in alta Engadina. Il Trittico viene iniziato nel 1897 e rimane incompiuta per la morte del pittore. Avrebbe dovuto rappresentare l’Engadina all’esposizione di Parigi del 1900.

La vita

La vita

La natura

La natura

La morte

La morte

Questa breve rassegna sul grande pittore può terminare con una considerazione: Segantini, a dodici anni, quando viene rinchiuso al riformatorio Marchiondi, è analfabeta. Riesce, in quel periodo, a imparare a leggere e scrivere, pur se con qualche piccola lacuna ortografica, e potrà comunicare i suoi pensieri con intelligenza e sensibilità. Di seguito alcune sue riflessioni all’amico Vittore, così come lui le ha scritte:

[…] ultimamente studiai l’umane forme piú precisamente nelle loro belleza come feci colle pecore, i cavalli, le vacche, e tutti gli altri animali; cosí passai dalla pianura ai colli da questi ai monti fino alle cime senza altra peoccupazione che di rendere nelle cose quella passione affascinante che mi determinò a concederle tutto il mio amore. così d’amore, in amore, passai dall’espresione delle belle forme per le forme, alla bella colorazione in se, e per la conoscienza della luce, e per la conoscinza del colore nella sua bellezza armoniosa e per la conoscenza delle belle forme e delle belle linee e per quella dei bei sentimenti, e per la conoscenza di tutte queste bellezze in sieme, credo di poter comporre il mio pensiero verso la bellezza suprema, creando liberamente quello che lo spirito mi detta. (da Lettera a Vittore Grubicy de Dragon da Maloja del 17 IV 98, p. 74)

“Il godimento della vita sta nel sapere amare, nel fondo dogni opera buona c’è l’amore”. (da Lettera a Vittore Grubicy de Dragon, [Savognino, 4 gennnaio 1890], p. 32) “.

I dipinti, se non altrimenti specificato, sono a olio su tela.

Giovanna Rotondo Stuart

Cliccando il cursore sulle foto centrali si può visionare data e titolo dell’opera