Lecco: presentato il libro sulle dipendenze di Giovanna Rotondo
Scritto Sabato 07 marzo 2015 alle 13:54
“Ragazzi che rubano ai loro genitori per comprare la droga, pensionati che depauperano le loro risorse con il gioco d’azzardo, persone che si perdono dentro un bicchiere di vino vinte dai loro fallimenti. E le loro famiglie?”
Giovanna Rotondo, lecchese, esperta di disagio giovanile, ha presentato ieri il suo nuovo libro “Non é colpa di Pandora” in un incontro promosso da Appello per Lecco, dove si è parlato di un tema tanto delicato quanto attuale, quello delle dipendenze. Un argomento che l’autrice ha saputo raccontare in modo vivace e coinvolgente in un saggio diviso in racconti.
A parlarne alla conferenza di presentazione del libro, insieme all’autrice e al padrone di casa, Corrado Valsecchi di Appello per Lecco, erano presenti Giuseppe Leone, saggista e critico letterario, Gianfranco Scotti che ha letto alcuni brani tratti del libro, l’assessore ai servizi sociali Ivano Donato e la dott.ssa Damaris Rovida del Sert.
“Un testo vivo e vivace, che dá voce al disagio e alle fatiche delle persone che sono costrette, loro malgrado, a convivere con la dipendenza di un famigliare” ha commentato Giuseppe Leone. Il libro parla appunto di famigliari che s’incontrano in una terapia di gruppo (Gimof), coordinata da personale specializzato, per essere supportati e aiutati a non fare “il muro di gomma”, in presenza della dipendenza di un figlio, di un genitore o di un familiare.
Il testo, diviso in racconti, alcuni molto dialogati, descrive i diversi personaggi e li accompagna lungo una parte del percorso terapeutico. Si parla di dipendenze con o senza sostanze: alcolismo, gioco d’azzardo e altro. “Non è un’opera specialistica, si rivolge a tutti, con un linguaggio comprensibile e coinvolgente. È un libro che mancava, perchè va a colmare un vuoto” ha spiegato il critico letterario.
Il libro è dunque uno strumento di riflessione, che parla di sofferenza e vittime. Non ci sono colpevoli, le dipendenze sono da considerarsi come vere e proprie malattie. Da qui infatti il titolo del testo: “Non è colpa di Pandora”.
“Sono molto commossa” ha esordito l’autrice di fronte al numeroso pubblico presente in sala. “Non sono una specialista, né di dipendenze né di sostanze, ma le ho viste usare e talvolta subire. Tuttavia, ho imparato molto. Mi sono chiesta molte volte se fosse possibile uscire dalla dipendenza. Oltre al disagio, c’è sempre una grande sofferenza della famiglia. Anche quando le persone riescono a portare in terapia un famigliare, continuano ad avere bisogno di aiuto, perchè ci vuole tempo, pazienza e fermezza“.
Il percorso a cui fa riferimento la scrittrice è il già citato gimof (Gruppo Informativo Motivazionale per i Famigliari). Si tratta di un percorso di terapia di gruppo per aiutare e sostenere i famigliari dei pazienti in cura per sostanze che creano dipendenza. Qui si incontrano persone con problemi simili, e insieme si cercano risposte. “È un percorso duro, ma che dà molto. La disperazione iniziale, piano piano si trasforma in speranza” ha spiegato Giovanna Rotondo.
Il messaggio forse più importante che traspare dalle parole dell’autrice, è quindi quello del recupero del danno: ” i momenti più drammatici si possono recuperare e trasformare in rinascita. Bisogna recuperare qualsiasi cosa faccia soffrire e trasformarla“.
È un testo quindi che offre una serie di riflessioni su tutte quante le dipendenze, sebbene tratti per lo più il tema dell’alcool e della ludopatia, le cosiddette “droghe legali”.
Come ricordato anche dagli altri ospiti intervenuti alla conferenza, le dipendenze da alcool, e soprattutto da gioco d’azzardo, sono troppo spesso sottovalutate. “La ludopatia, va trattata come qualsiasi altra dipendenza, in quanto si tratta di una malattia vera e propria. Fortunatamente oggi, questo tipo di problematica può essere curato al Sert, come una qualsiasi dipendenza” ha spiegato la dott.ssa Damaris Rovida del Sert.
“Il comune di Lecco” ha infine aggiunto l’assessore Ivano Donato, “è stato uno dei primi comuni ad essersi occupato di ludopatia. Attraverso alcune ordinanze siamo riusciti a limitare l’uso di slot machine, con ottimi risultati“. Questo a dimostrazione del fatto che, come spesso accade, la prevenzione occupa un ruolo fondamentale, soprattutto se fatta attraverso un lavoro di rete, con istituzioni e associazioni.
P.M.
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27 febbraio 2015 – ore 21 presso la libreria LiberaMente di via G. Longoni 27/29 Oggiono GIOVANNA ROTONDO presenta il libro
Non è colpa di Pandora LA ZONA D’OMBRA DELLE DIPENDENZE Ed. La Vita Felice – Milano
Mi sono approcciato al libro di Giovanna Rotondo, titubante. Convinto fosse uno dei soliti saggi sulle dipendenze, un testo solo per specialisti o addetti ai lavori. Mi sentivo poco attratto. Poi ho iniziato a leggerlo. Giovanna scrive bene e questo mi ha invogliato a proseguire. Intanto non è un trattato, ma una serie di racconti, di persone, di sesso, origine, età ed estrazione sociale diverse, tutte accomunate da un grande problema: sono i famigliari dei pazienti in trattamento per sostanze che creano dipendenza. In effetti queste persone, spesso sole, rischiano di essere schiacciate dal peso dell’esperienza negativa, alcol, droghe, gioco d’azzardo, in cui i loro cari sono caduti. Anch’esse hanno bisogno di aiuto. Sono malate di riflesso. Quante volte facciamo considerazioni di commiserazione o anche di rispetto per chi con coraggio e abnegazione affronta nella propria famiglia situazioni simili conosciute, che vale anche per chi si ritrova improvvisamente ad accudire, in casa propria, persone con gravi patologie, anziani o con malattie in fase terminale. Ci viene da chiedere come facciano. Qual’é la forza che li spinge ad andare avanti. «Dopo tanto tempo passato a chiederci perché sia toccata a noi, alla nostra famiglia, il doversi confrontare con una situazione di dipendenza, dopo giorni e giorni passati nel tentativo di capire come sia potuto accadere, dove abbiamo sbagliato … oggi veniamo al gimof.» Il libro inizia così, facendoci conoscere una parola nuova, almeno per me. Il gimof (Gruppo Informativo Motivazionale per i Famigliari) è un percorso di terapia di gruppo per aiutare e sostenere i famigliari dei pazienti in cura per sostanze che creano dipendenza. I personaggi si raccontano, o meglio, durante le sedute raccontano, come in un confessionale aperto a tutti gli altri, cosa sta accadendo alla loro vita, con tutte le inevitabili problematiche: i dubbi, le aspettative, le gioie e le possibili delusioni. Davide, Marianna, Francesca, Giuseppe, il dottor V. sono i protagonisti veri, come vere sono le storie che raccontano. «Abbiamo bisogno di risposte, di essere, in qualche modo, se non rassicurati, almeno sostenuti. Di sentirci meno soli. Non sappiamo cosa ci riservi il futuro, non pensiamo al futuro, non pensiamo più al passato: ci concentriamo sul presente con estrema attenzione, impariamo a camminare di nuovo, un passo alla volta». Giovanni Corti
Presentazione Ibis, una presentazione in cui non avevo ancora molta padronanza dell’audience, gli amici interrompevano spesso per chiedermi spiegazioni su qualcosa, senza aspettare di giungere alla fine del discorso, ma è stata una presentazione molto seguita…
Una bella esperienza a Nardò, una deliziosa cittadina del Salento, curata, pulitissima. Per la prima volta ho parlato senza sentirmi impacciata, pubblico attento e interessato. Mi piace pubblicare le foto…
Al Centro Polifunzionale di Opera
E le letture della Compagnia Teatrale Maskere, un adattamento dei dialoghi del libro di Diana Battagia, molto interessante!
LUCA MACIACCHINI PER NON È COLPA DI PANDORA DI GIOVANNA ROTONDO
Non è colpa di Pandora |
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autori: | Giovanna Rotondo |
formato: | Libro |
prezzo: | € 11,90
invece di € 14,00 |
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“NON E’ COLPA DI PANDORA” di Giovanna Rotondo (ed. La vita felice,2014)
Il sentimento di irritazione e impazienza può essere scatenato da varie ragioni. Non è raro però che una causa scatenante possa essere il fatto di ritrovare negli altri alcune caratteristiche o atteggiamenti che d’istinto respingiamo ma che in certo qual modo sono presenti a livello maggiore o minore , a livello più o meno inconscio, anche in noi stessi. E’ questo il sospetto che emerge limitandoci ad “ascoltare” le sensazioni da noi stessi provate leggendo “Non è colpa di Pandora”, opera della poliedrica Giovanna Rotondo, sul tema delle dipendenze e , come recita il sottotitolo, delle loro subdole “zone d’ombra”, che logorano persone di estrazione e ruolo sociale fra i più disparati.
L’opera è sostanzialmente un resoconto di alcuni passaggi di terapie di gruppo indicate con le loro inquietanti sigle tecniche come la“Gimof” (che indica il percorso di terapia di gruppo per pazienti in trattamento e i loro familiari). Emergono a tratti sempre più definiti le personalità dei diretti interessati coi loro nomi di battesimo (non si sa se veri o immaginari); ciò che salta all’occhio è lo stile distaccato dell’autrice che si limita a descrivere i duri momenti di tale percorso terapeutico pur mantenendo una palese empatia con le situazioni descritte. Alcol, droga, gioco d’azzardo, sono gli effetti risaputi di problematiche mai risolte o mai volute affrontare. I protagonisti loro malgrado di questa “avventura” si giostrano in quella che potremmo quasi chiamare , parafrasando Hanna Harendt, una sorta di “Banalità del male” dove ognuno sembra preda di qualcuno o qualcosa d’altro; ogni vocabolo, gesto ,sguardo, può venire soppesato e interpretato in molteplici modi e quando di mezzo c’è la psicologia o la psicanalisi ci sono sempre “trappole” in agguato. Qualche volta si cerca di “stemperare” e sdrammatizzare la situazione con battute di improbabile efficacia (“Da alcolista ad alcologo!”) che però non la spuntano sulle frasi tanto scontate quanto imprescindibili (“E’ un processo lento e faticoso…” “Per aiutare gli altri bisogna prima aiutare se stessi”…e così via). Tra genitori e figli, tra mogli e mariti e amici…la tentazione di scaricare la colpa su altro o altri è sempre forte. Ma la chiave di tutto è forse proprio quella che suggerisce il titolo “Non è colpa di Pandora”; è piuttosto colpa nostra, di ognuno di noi, con le sue “beghe” irrisolte che poi si ripercuotono su chi ci vuole bene veramente e ci è più vicino e non sa come aiutarci. E dunque la persistenza distaccata quasi da referto medico con cui l’autrice si limita a registrare i percorsi dei partecipanti scatena proprio l’effetto forse voluto: pesantezza, irritazione, voglia di dire “MA se davvero lo vuoi ce la puoi fare!”. ma anche consapevolezza ineludibile che “tutto quello che accade fa parte della vita” per dirla con Giorgio Gaber. E lo stile dello scritto è dunque la sua pecca e la sua arma vincente allo stesso tempo. Vincere , o meglio in questo caso “vincersi” si può . Il confronto terapeutico può aiutare ma non basta. Anche il “senso di appartenenza” che la paziente Marianna dice di aver riscoperto alla fine della terapia, nella lettera che chiude il libro, in realtà non tranquillizza il lettore che arrivato alla fine della lettura, capisce che “domani è un altro giorno” e una ricaduta (peraltro vista nel corso del testo come una opportunità e non un limite) può essere sempre in agguato. Sta alla maturità di ognuno di noi tenere alta la testa e navigare a vista. Ognuno decida, almeno, chi e cosa vuole essere.
Luca Maciacchini
Questo articolo è stato pubblicato in OCCHIO CRITICO – rubrica di recensioni il 6 maggio 2016.
Grazie per l’invio: articolo molto interessante! Un caro saluto. Gianrodolfo